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"Ivan
odiava le presentazioni.
In
un posto sfigato come Biveno, di rado passavano autori interessanti,
e Leonardo, il proprietario della Musa
nonché suo capo, veniva contattato quasi solo da scrittori locali
sconosciuti, che avevano vergato le loro sudate carte riempiendole di
memorie familiari scritte in italiano ottocentesco da esporre poi con
imbarazzo, tono monocorde e disturbi di memoria per amici e parenti
che venivano ad applaudirli garbatamente. Ogni tanto capitava l'ex
partigiano che narrava con brio imprese compiute su per le Alpi in
tempo di guerra, ma erano occasioni rare. E quindi, di solito, il
factotum della libreria – cioè lui – doveva spostare banconi,
sistemare sedie e asciugare pavimenti allagati da ombrelli
sgocciolanti solo per un'oretta di noia mortale.
Quel
giorno, però, l'occasione era diversa: le autrici di Death
is not the worst, che avevano
contattato la Musa
dicendo che “ne avevano sentito parlare molto bene da amici”, non
arrivavano a ottant'anni nemmeno a sommarle insieme, e in più
parlavano di urban fantasy. Un gradevole cambiamento, se non fosse
che Leo, raffreddato, gli aveva detto “Ivagn,
presendale te ti
pregho, che io sto
morendo”.
E
così eccolo tra le due agguerrite fanciulle, seduto su uno sgabello
che proprio quel giorno aveva deciso di traballare, a cercare di non
ingobbirsi e non arrossire mentre cercava di districarsi tra
centomila possibili domande (perché il foglietto su cui se le era
appuntate se l'era ovviamente perso mezz'ora prima dell'inizio). Le
prime, più generiche – per presentare le autrici e il romanzo –
erano filate lisce e magari sarebbe riuscito a concludere senza
morire per qualche figuraccia di fronte al nutrito gruppetto di
lettori convenuto alla libreria. Poi ne erano seguite altre per
spaziare su vari argomenti: da “a parte il seguito di DINTW,
avete altri progetti di scrittura da portare avanti insieme? O state
lavorando a romanzi ciascuna per suo conto?” “Io ho parecchia
carne al fuoco, tre progetti da sola e altri a quattro mani che non
vedo l'ora di scrivere. La cosa meravigliosa del nostro sodalizio è
che davvero sole non lo siamo mai...” aveva risposto Helena e Julia
aveva concluso, quasi fossero in grado di pensare con un'unica
mente... “Ci aiutiamo sempre a vicenda, anche nelle nostre imprese
singole, a due mani. Si può dire a due mani?” a “avete
altri interessi in campo artistico, a parte la scrittura? Un talento
nascosto in altri campi dell'arte, intendo: disegno, musica...?” E
così si era scoperto che Helena amava disegnare e creare concept
art ispirate alle sue storie per ritrovare la concentrazione
giusta per scrivere, e che invece Julia suonava la chitarra elettrica
e restaurava opere d'arte. Di alcune domande era molto soddisfatto,
perché avevano generato una bella discussione anche tra gli
intervenuti, come “Anche voi, come altri autori, avete inserito nel
libro personaggi che vi somigliano almeno per alcuni tratti
fondamentali?”
“Devo
dire che qualcosa di te c'è sempre, anche se il personaggio non ti
somiglia, però resta pur sempre parte del tuo mondo. Filtra
attraverso i suoi occhi il pensiero dell'autore, anche se
completamente diverso dal suo” rifletté Helena, lasciando poi la
parola a Julia... “Come ha detto giustamente Helena, il modo di
sperimentare e osservare il mondo di un personaggio potrebbe essere
simile al tuo, anche se le considerazioni e i risultati finali
possono essere diametrali. Un personaggi in tutto e per tutto simile
a te autore non può esistere, o saresti tu. E sarebbe inquietante.”,
oppure “Vi piacerebbe vivere nel mondo del vostro romanzo, o
meglio andare sul sicuro e dire no grazie?”. Helena e Julia
avevano risposto all'unisono: “No, per favore. Siamo persone troppo
pigre e legate alla vita per finire tra le fauci di un Predatore” E
poi una delle due gli aveva chiesto “E tu ci vivresti, in un
romanzo che ti piace?” imbarazzandolo tantissimo, perché la
risposta sincera sarebbe stata la mia vita è già un romanzo. Di
vampiri, per la precisione. Aveva svicolato, ma gli era costata
fatica.
“Infine,
per l'ultima domanda, stupiteci” disse Ivan, con un mezzo sorriso e
lo sguardo che scorreva sul pubblico senza incrociare gli occhi di
nessuno. “Che cos'ha il vostro libro – o i vostri personaggi –
che nessuno si aspetterebbe? In particolare, per quanto riguarda i
Predatori e la loro natura? Da dove vengono queste figure?”
La
risposta era stata semplice ma d'effetto. “La cattiveria”. Julia
aveva sorriso e aggiunto: “Dal modo in cui l'abbiamo narrato, al
modo in cui si comportano i personaggi... DINTW è una storia
cattiva, ma senza la componente di giudizio morale che ci si potrebbe
aspettare. I Predatori vengono da ogni cultura, da ogni tempo e si
presentano come l'archetipo di ogni mostro o leggenda esistente. Sono
la giustificazione a ogni terrore notturno dell'Uomo, a demoni,
licantropi, vampiri, perché alla fine si comportano come un insieme
di tutte queste figure e...”
Qualcuno
dal pubblico tossicchiò.
Era
un tipo stravagante, stravaccato alla bell'e meglio in ultima fila.
Fino a quel momento se n'era stato zitto, perdendosi di tanto in
tanto a fissare il soffitto o le scarpe con aria distratta. Indossava
una camicia a quadri, le maniche arrotolate a scoprire gli
avambracci, e un cappello da cowboy dal quale sbucavano ciuffi di
capelli biondastri. “Scusate...” Si sporse sulla sedia e,
rivolgendosi direttamente alle due autrici come se Ivan neanche
esistesse, disse: “Non sarebbe meglio evitare di dire troppo su
certe cose? Non credo sia...” fece un sorrisetto.
“Salutare.” L'accento dell'uomo era straniero, inglese o forse
americano. Ivan era perplesso, cosa ci faceva lì quel tizio che
sembrava appena uscito da un film di Clint Eastwood?
Helena
impallidì, deglutendo appena. “Si tratta solo di un romanzo,
avanti Xan... ehm, signore, se ne rende conto, vero?” La ragazza
allungò la mano, stringendo quella di Julia che osservava l'uomo,
sbigottita. “Esatto, è un'opera di fantasia non pensiamo possa
essere dannosa per nessuno. O no?”
Il
tizio le fissò senza più alcuna luce scherzosa nello sguardo. “Come
volete voi. Io vi ho avvertito...” Tirò fuori il cellulare di
tasca, controllò rapidamente il display per vedere chi lo stava
facendo ronzare e si alzò. “Ora, se volete scusarmi, abbandono la
gradita compagnia, ma affari urgenti mi reclamano... In quanto a voi
tre, ci rivedremo in giro, suppongo. Non sarebbe male fare due
chiacchiere insieme, con più tempo a disposizione.” Fece un cenno
brusco col capo e aggiunse: “Perdonate se il libro non lo compro,
ma che dire... la mia vita è già un romanzo.”
Ivan
quasi cadde dallo sgabello, ma il tizio non se ne accorse: uscì
mentre rispondeva alla chiamata con un “Julius, arrivo, arrivo!
Attaccando dove...?”
Le
due autrici si scambiarono un'occhiata rapidissima, che Ivan scelse
di non notare. Si schiarì la gola tra gli sguardi perplessi del
pubblico rimasto e cercò di concludere più in fretta che poteva.
Chissà perché, quel tizio strambo gli aveva lasciato addosso un
pessimo presentimento. “Bene, visto che si è fatto un po' tardi, a
questo punto chiederei se ci sono domande tra il pubblico...?”
Con
un po' di fortuna, e se avesse giurato a Leo di arrivare prestissimo
il mattino dopo e rimettere a posto le sedie quando ancora la
serranda era abbassata, nel giro di mezz'ora avrebbe potuto fiondarsi
a casa.
Prima
che calasse il buio."
Mi piace come viene definito il libro: "DINTW è una storia cattiva, ma senza la componente di giudizio morale che ci si potrebbe aspettare." Credo sia la prima volta che sento gli autori definire così la propria "creatura"...e mi è piaciuto moltissimo!!
RispondiEliminaRacconto molto carino. Far interagire le due autrici con i personaggi dei due libri (DINTW / NADNAD) è stata un'idea simpatica e originale
RispondiEliminaOgni tappa mi incuriosisce sempre di più! Complimenti :D :D
RispondiElimina"è una storia cattiva, ma senza la componente di giudizio morale che ci si potrebbe aspettare.".
Praticamente in questa storia i cattivi sono cattivi perchè lo sono e basta. Senza un motivo dietro? Bè, dopo tanti cattivi sempre descritti con un qualche motivo particolare, ogni tanto un cattivo solo perchè lo è e basta.